Cosiddetta "Cripta" della Cattedrale di Adria

Un salto nel tempo, fino a raggiungere il secondo livello della Cattedrale di Adria, il più antico di questo sito (il primo livello è in zona Tomba). Quella che viene impropriamente denominata Cripta è, in realtà, ciò che rimane della seconda Cattedrale, edificata all’interno dell’area fortificata del Castello sul finire del sec. IX. Essa sostituiva, infatti, la Chiesa più antica che sorgeva nel quartiere Tomba, al limite della città romana. L’antico sacello fu rinvenuto per puro caso durante lo scavo delle fondamenta della Cattedrale attuale, il 20 Agosto 1830. Le numerose traversie subite nel tempo, misero a dura prova la già precaria situazione degli affreschi in esso contenuti. Diverse sono le ipotesi sull’uso di tale antica costruzione, ma il luogo dove si trova, la forma ed il contenuto delle pitture, fanno supporre (ed è questa l’opinione più accreditata presso gli studiosi) che appartenesse al coro della millenaria Cattedrale. La struttura ha forma semicircolare, con il basamento liscio sormontato da una fascia  ornamentale in stucco, sopra la quale sono effigiate sei immagini di Apostoli, chiuse in cornici ovali, sempre di stucco, che gli studiosi accostano all’arte carolingia tarda (2 metà sec IX). Ricoperto di terra subito dopo lo scavo, il prezioso monumento fu recuperato alla fine del secolo XIX grazie ad un dettagliato disegno eseguito dal protomastro adriese Giacinto Barbuiani. Alcuni studiosi hanno espresso la convinzione che la piccola abside affrescata fosse affiancata da altre due piccole absidi, com’era negli usi dell’epoca, anche in considerazione della non completezza del collegio apostolico rappresentato dalle 6 figure oggi visibili. 

L’ambiente si presenta con la tipica pianta semicircolare del coro, o degli absidi, romanici, con basamento liscio sormontato da una fascia in stucco dalla funzione ornamentale, dotato di finestra monofora centrale e nicchie laterali. Incompleto alla sommità per le ristrutturazioni dell’edificio operate nei secoli, presenta sulla parete sei immagini dipinte con la tecnica dell’affresco e tratto tipico dell’arte carolingia raffiguranti alcuni dei dodici apostoli, inscritti in imago clipeate e riconoscibili per le iscrizioni in latino presenti al lato destro di ciascuna figura, emerse nell’ultimo restauro curato dalla Soprintendenza archeologica, belle arti e paesaggio per le province di Venezia, Verona e Rovigo. Anche l’opera, di conseguenza, appare chiaramente incompleta, e per la mancanza di parti delle singole figure e per la presumibile mancanza della figura centrale, della quale si scorge solo il bordo inferiore dell’imago clipeata e che, visionando rappresentazioni sacre simili per tema e periodo, avrebbe potuto essere un Cristo Pantocratore o una immagine mariana.

La
 falda acquifera presente sotto la costruzione innalzatasi nel tempo contribuì a deteriorare ulteriormente l’opera costringendo allo scopo di preservarla la costruzione di un apposito impianto con il compito di far defluire le acque prima di raggiungere il livello del pavimento. Su quest’ultimo, realizzato con colata di cemento in tempi recenti, è presente la mensa d’altare ritrovata in loco, caratterizzata dai quattro incavi posizionati ai suoi quattro lati deputati a contenere le reliquie dei Santi, fornendo testimonianza delle più antiche tradizioni della diocesi.