

Nella zona del coro della Chiesa di San Giovanni, la terza Cattedrale, si affaccia sulla navata centrale la ricostruzione di una pala d’altare attribuita a Michele da Firenze.
Presumibile ricostruzione di pala d’altare con utilizzo di n.28 frammenti appartenuti a due altari della vecchia cattedrale, realizzati in cotto attorno al 1440 da Michele di Nicolò Dini detto Michele da Firenze. Dal 1403 al 1438 l’artista discepolo di Lorenzo Ghiberti operò attivamente a Firenze, Ferrara, Verona ed altri centri minori come Adria, per poi dedicarsi al grazioso “altare delle statuine” elevato nel Duomo di Modena nel 1442.
Attivo per gli Estensi a Belliore nel 1441, lasciò in Polesine altri segni indelebili del suo passaggio come la Pala di Raccano a Polesella (ora conservata presso l’Accademia dei Concordi a Rovigo) e la Madonna delle Grazie a Gavello.
MADONNA DELLA VITA (ora DELLA SALUTE): Origini e devozione.
Verso il 1440, al lato della porta maggiore (ora parete occidentale) della vecchia Cattedrale, si poteva ammirare uno splendido altare in cotto realizzato dal plasticatore fiorentino Michele Dini, discepolo di Lorenzo Ghiberti. Probabilmente gli altari erano due ma a noi è giunta testimonianza di uno solo di essi. Nel 1637 il canonico Ippolito Bocchi così presentava l’artistica pala: “Fra i Santi che s’attrovavano in quella Palla v’erano una Madonna nel mezzo con un Crocefisso di sopra con queste parole ‘Mors mea,vita tua’..” precisando che i fedeli più anziani ricordavano di aver assistito in gioventù alla celebrazione della Messa proprio davanti a quella pala particolarissima. “Questa Beatissima Imagine è stata discoperta sino l’anno 1634 al mese di Aprile” scrive poi Ippolito, attribuendone il merito al vescovo Germanico Mantica (1633-1639). Fu appunto in occasione della sua prima Visita alla cattedrale che il Presule si accorse della sacra Immagine della Vergine “custodita con poco decoro” nonostante la persistente devozione dei fedeli, impartendo immediate istruzioni per una collocazione provvisoria più dignitosa, fino a che si fosse trovata “altra provisione”. Le disposizioni del Vescovo trovarono immediata applicazione e la bella statua in terracotta policroma, alta circa 80 cm., che prima era collocata dietro al muro vicino al Battistero interno alla chiesa, venne posta in posizione più decorosa. Le cronache raccontano che nel frattempo, davanti a quella sacra immagine, venne introdotta la pia usanza della recita serale delle litanie “con particolar divotione del populo”. Si fece anche “colloquio tra i Signori Canonici sotto che nome e devotione intitolar si doveva quella Beatissima Imagine” per la quale prevalse il titolo “Madonna della Vita”, proposto dal vicario capitolare canonico Alfonso Bocca, zelante devoto della omonima Madonna miracolosa di Bologna. In quella occasione venne fissata la data del 21 Novembre (presentazione di Maria al Tempio) per la celebrazione della Madonna della Vita in cattedrale. Con la raccolta di “molte elemosine” venne quindi eretta una “Capella con il suo Altare” che risulta “finita e pavimentata già nel 1636”. Informato di ciò il Vescovo ordinò la traslazione dell’Immagine della Beatissima Vergine “con solennissima Processione da farsi per l’8 Settembre” (festa della Natività della Madonna) disponendo che venissero invitati a parteciparvi “tutti li Rev.di Curati circonvicini” affinchè a loro volta “invitassero li loro Populi ad intervenire”. Il canonico Ippolito Bocchi ricorda di aver inviato a tale scopo lettere a Ceregnano, Gavello, Villanova Marchesana, Papozze, Bellombra, Corbola Ferrarese, Bottrighe e Mezzana ed annota “Gli Populi che di già erano accesi di devotione verso quella imagine concorsero in tanta copia dell’uno e l’altro sesso che mai à memoria di huomeni ho veduto tanto Populo in solenne Processione in questa Città”. La grande devozione suscitata attorno alla “Madonna della Vita” causò peraltro la distruzione della intera pala quattrocentesca ormai ritenuta inutile. Questo almeno è il pensiero di Elena Petrobelli[3] che attribuisce al consiglio del vescovo Mora la dispersione avvenuta nel 1762. Di questo si lamenta nel suo manoscritto anche il canonico Ippolito Bocchi il quale, dopo la descrizione delle sacre immagini componenti la pala, constata con profondo rammarico la sparizione di tante parti “spezzate e trafugate”, ormai irrimediabilmente perse.
Cercando di dare una spiegazione al forte radicamento nel cuore dei fedeli di questa particolare devozione mariana, non possiamo non associare alla pietà del vescovo Mantica gli eventi legati alla diffusione nel Polesine, nel periodo 1630-1631, della peste di manzoniana memoria. Questo può trovare spiegazione nella iscrizione posta sopra il timpano dell’altare ora dedicato a San Giovanni Battista nella vecchia cattedrale, che recita: “B. VIRGINI MARIAE DE VITA DICATUM – MDCXLII – 1642”.
Traslazione della Madonna della Vita nella nuova cattedrale
La preziosa immagine policroma della Vergine rimase al suo posto nella vecchia cattedrale fino a quando fu portata a termine la nuova fabbrica. Per fare spazio alla nuova cattedrale venne distrutto per oltre la metà il vecchio edificio, ormai cadente e bisognoso di restauri urgenti. Per questo si demolirono i vecchi altari e l’Immagine della Madonna della Vita venne portata nel nuovo Duomo ed infissa nel muro della Cappella dov’era stato collocato l’altare provvisorio del Crocifisso, poi divenuto altare stabile di San Bellino. Questo, scrive Francesco Antonio Bocchi, avveniva intorno al 1860.
Nuovo altare e nuova immagine della Vergine detta “della Vita” o “della Salute”
Dal 22 dicembre 1836, giorno in cui il vescovo Antonio Maria Calcagno poté benedire l’intera fabbrica della cattedrale, la Fabbriceria fu impegnata a completare le molteplici lacune esistenti all’interno del nuovo Tempio. Mancavano ancora gli altari laterali, le pale, gli affreschi e tutto l’arredo necessario a rendere splendente la chiesa madre della diocesi. Alcuni altari vennero trasferiti dalla vecchia alla nuova cattedrale, come l’altare della B.V. del Rosario. Altri vennero acquistati a Padova e Venezia. In questa ricollocazione di immagini e altari, i fabbricieri considerarono troppo minuto e inadeguato alla maestosità della chiesa il simulacro quattrocentesco in terracotta raffigurante la Madonna della Vita e per questo pensarono di poterlo sostituire con una scultura in marmo. Su questa linea quindi si mosse la Fabbriceria, commissionando al valente scultore veneziano Martino Trevisan una statua della Vergine con il Bambino che, sull’onda della devozione nel frattempo affermatasi a Venezia dopo la peste, sarebbe stata invocata “Madonna della Salute”. Nel frattempo, per i bozzetti dell’altare vennero interpellati i migliori decoratori dell’epoca. Tra questi, Ludovico Cadorin e Antonio Gradenigo. Fu scelto il bozzetto presentato dal Cadorin, la cui realizzazione venne affidata al laboratorio di Vincenzo Tantardini di Milano. Giunse per prima ad Adria la statua, mentre per l’altare si dovettero attendere ancora molti mesi. Una lettera spedita da Milano il 9 agosto 1859 infatti, elencava alla Fabbriceria della cattedrale tutte le difficoltà legate al trasporto tramite barca (unico possibile in quegli anni) dei 102 pezzi di marmo del peso complessivo di 150 quintali. L’ostacolo maggiore, oltre al carico delle spese di trasporto fluviale, era rappresentato dal dazio che avrebbe gravato la merce in transito dalla Lombardia al Veneto. Con la pace di Zurigo infatti, la Lombardia era da poco passata sotto l’autorità piemontese e questo fece innalzare la barriera doganale con il Veneto. Per ottenere l’esenzione del dazio, non rimaneva che il ricorso all’I.R. Intendenza di Finanza avendo cura di precisare che l’ordinazione dell’altare alla ditta milanese era avvenuta quando ancora Lombardia e Veneto erano unite sotto l’unica autorità imperiale austriaca. L’esenzione venne accordata il 10 marzo 1860 e l’altare potè essere realizzato nel giro di pochi mesi. Nella fase di assemblaggio dei marmi però, qualcuno si accorse che la sommità centrale richiedeva alcune rifiniture, per cui vennero acquistati a Venezia “due Angeli di marmo statuario di buon scalpello” che andarono ad appesantire ancor più le spese, peraltro tutte coperte dalle generose offerte dei fedeli.
Superate anche queste ultime difficoltà venne stabilita la consacrazione dell’altare e della nuova effigie della B.V. della Salute “in marmo statuario finissimo” nel giorno 21 Novembre 1864. Per l’occasione vennero inviati centinaia di inviti e venne data alle stampe un’ode particolare. L’evento fu preceduto da un Triduo di preghiera predicato da mons. Gio. Maria Zannier, canonico della cattedrale di Concordia. La sacra funzione fu presieduta dal vescovo mons. Camillo Benzon che nell’occasione ebbe ad esprimere il suo plauso alla Fabbriceria. Le cronache dell’epoca riportano con grande evidenza questi eventi mariani che trovano puntuale riscontro nei documenti dell’Archivio Capitolare di Adria. (Aldo Rondina)